Leonardo da Vinci vive a Milano dal 1482 al 1507in due periodi distinti, in una della città più popolose e più produttive dell’Europa di quel tempo.
Leonardo a Milano non mostra da subito la sua capacità pittorica e scultorea bensì la sua capacità musicale in un concorso indetto al Castello Sforzesco.
L’accoglienza di Leonardo nell’ambiente milanese fu piuttosto tiepida, non ottenendo inizialmente gli esiti sperati nella famosa lettera al duca che lui stesso scrisse.
Per una prima commissione l’artista dovette infatti attendere il 25 aprile 1483, quando con Bartolomeo Scorione, stipulò il contratto per una pala nella Chiesa di San Francesco Grande. Si tratta della pala della Vergine delle Rocce che, stando al dettagliatissimo contratto, doveva essere lo scomparto centrale di un trittico. Sembrerebbe che Leonardo, dato il mancato pagamento delle 1.200 lire da parte della Confraternita, avesse venduto per 400 lire la tavola, ora al Louvre al Re di Francia Luigi XIV, mettendo a disposizione, durante la lite giudiziaria, una seconda versione della Vergine delle Rocce che rimase in San Francesco Grande fino allo scioglimento della Confraternita nel 1781 ed è ora conservata alla National Gallery di Londra. Nei primi anni milanesi Leonardo proseguì con gli studi di meccanica, le invenzioni di macchine militari, la messa a punto di varie tecnologie; per Ludovico il Moro progettò sistemi d’irrigazione e di fortificazione lungo i confini del ducato con la Serenissima.
PRIMO SOGGIORNO:
Il suo primo soggiorno milanese iniziò nel 1482 presso la corte degli Sforza, in particolare al servizio di Ludovico il Moro. In questi anni l’artista fu impegnato in diversi progetti tra i quali forti, ponti e macchine da guerra. Nel 1509 lavorò al trattato “de Divina proportione” con il matematico Luca Pacioli, nel quale è esposta la teoria della sezione aurea. In questo periodo ebbe anche numerosi allievi.
Le opere più importanti di questi anni sono:
• La Vergine delle Rocce, (prima versione) 1483-1486;
• La Dama con l’ermellino, 1485-1490;
• Ritratto di dama (La bella Ferroviere), 1490-1495
• Ritratto di musico, 1485;
rimase però insoddisfatto delle sue opere, e vi tornò per ciò a più riprese per alcune modifiche.
Dal 1495-1497 fu inoltre impegnato in una delle opere più importanti nella storia della pittura, “L’ultima cena”, affrescata su una parete del convento di Santa Maria della Grazie a Milano. In questo affresco Leonardo usò una nuova tecnica con le tempere grasse; sfortunatamente pochi anni dopo l’opera si deteriorò.
Durante questo periodo fu impegnato anche nella progettazione di scenografie, studi di architettura e progetti per il tiburio del Duomo di Milano.
Ludovico gli commissionò inoltre un’ enorme statua equestre in bronzo rappresentante il padre, Francesco Sforza; in seguito, dopo la conquista della città da parte dei francesi, il bronzo verrà fuso e riutilizzato per costruire cannoni.
Nel dicembre del 1499 gli Sforza furono cacciati da Milano dai francesi, e Leonardo fu costretto ad abbandonare la città.
SECONDO SOGGIORNO:
Nel 1507 Leonardo tornò in territorio milanese, questa volta a servizio del re di Francia, Luigi XӀӀ. Qui lavorò come pittore e ingegnere.
Le opere principali di questo secondo soggiorno milanese sono:
• Sant’Anna, 1501-1505
• Vergine, 1510-1513
• Bambino con l’ermellino,
• Vergine delle Rocce, (seconda versione) 1494-1508
In questo periodo l’artista non rimase solo Milano, ma visitò anche i territori limitrofi, come Como, Lecco, Bergamo e la valle dell’Adda. Soggiorno inoltre presso Vaprio d’Adda, (BG).
Durante questo periodo (1506-1507) Leonardo fece anche degli studi per la progettazione di un particolare traghetto, ancora oggi funzionante, che unisce la riva di Imbersago (LC) a quella di Villa d’Adda (BG).
Classe quarta C turistico
Leonardo Da Vinci e il mondo della cucina.
Leonardo Da Vinci, sin da bambino, fu sempre interessato alla cucina. Sua madre Caterina sposò un pasticcere in pensione, che lo introdusse al mondo culinario e lo fece appassionare. Quando, a dieci anni, Leonardo andò a Firenze ed entrò nella bottega del pittore Verrocchio, continuò a coltivare questa passione lavorando come cameriere in un’osteria vicino a Ponte Vecchio, Taverna delle tre lumache. Un giorno, il proprietario della taverna si trovò senza cuochi e promosse Leonardo a capocuoco. Egli provò a dare il suo tocco di originalità ai piatti, riducendo anche le portate che ai tempi erano molto abbondanti. I suoi cambiamenti non vennero accettati e presto perse il lavoro di capocuoco. Ma questo non servì a diminuire la sua passione, anzi! Dopo qualche tempo, insieme all’amico pittore Botticelli, aprì una nuova trattoria chiamata “Le tre rane di Sandro e Leonardo”. Anche questo, però, si dimostrò un insuccesso. Quando Leonardo giunse alla corte degli Sforza, Ludovico il Moro comprese la sua passione per la tavola e lo incaricò per curare i banchetti di corte. Egli si mise subito al lavoro ed utilizzò la tecnologia per migliorare i piatti: inventò i precursori di utensili utilizzati ai nostri giorni in cucina, come il cavatappi, il macinapepe, l’arrostitore automatico e la macchina per gli spaghetti. Tutti questi oggetti li troviamo illustrati nel Codice Atlantico.
Risotto allo zafferano
Non si può visitare Milano senza gustare un buon piatto di risotto allo zafferano, ormai simbolo culinario del capoluogo lombardo. Non si sa precisamente in che ambito sia nata questa pietanza: la leggenda narra che il mastro vetraio che si occupava delle vetrate del Duomo mangiò un piatto di risotto colorato con lo zafferano alle nozze della figlia, come scherzo da parti dei suoi lavoratori che aggiungevano sempre la spezia a molti colori. Ma già nel libro di ricette pubblicato alla morte del famoso cuoco rinascimentale italiano Cristoforo da Messisbugo è presente la spiegazione della preparazione di questo risotto. Ciò che è sicuro è che nacque intorno al periodo del Rinascimento, quando il riso smise di essere considerato una semplice spezia e lo si iniziò ad usare in modo completamente diverso. Alla corte degli Sforza era molto amato, tanto che venne creato un dolce con ingrediente principale il riso: il dolceriso. Grazie agli scritti del Codice Atlantico, sappiamo che Leonardo era anche un grande conoscitore di spezie ed erbe, tra cui lo zafferano, quindi è facile dedurre che abbia assaggiato il piatto simbolo di Milano. Ciò che caratterizza questo risotto, oltre al gusto particolare, è il colore acceso che lo zafferano gli dona. Esistono moltissime versioni della pietanza, solitamente accompagnate da altri ingredienti, come le zucchine, i funghi, la luganega, insaccato fresco originario del nord Italia, o l’osso buco. Qui proporremo la ricetta originale di Cristoforo da Messisbugo.
Riso alla Lombarda
Piglia il riso e allessalo in bono brodo, far stiepitire aggiungendovi poi ova e zaffrano ed imbandirai ponendogli sopra formaggio duro grattato e cannella e zuccaro.
300 gr riso, ½ litro di brodo di carne, 3 tuorli d’uovo, 2 bustine di zafferano, cannella in polvere, zenzero grattugiato, sale. Cuocere il riso nel brodo bollente e scolare se c’è un eccesso di brodo. Condire con lo zafferano sciolto in poco brodo, la cannella e lo zenzero. Aggiungere alla fine i tuorli battuti e amalgamare bene.
Risotto con le rane e rane fritte
Un altro piatto tipico della zona milanese e della Lombardia in generale, è il risotto con le cosce di rana. Le rane, nel Medioevo, erano considerate degli animali legati al mondo della stdefoneria, ma con il tempo sono diventate un’importante risorsa alimentare per il popolo contadino. Venivano pescate sia di giorno che di notte ed è tradizione lombarda catturarle in un mese che contenga la lettera R. Ma più notizie si hanno sulle rane fritte, sperimentate dai cuochi rinascimentali Bartolomeo Scappi e Martino da Como e citati in libri di ricette e menù del Rinascimento. Un’alternativa del tempo sono le rane fritte coperte d’agrestata, bevanda fatta con uva acerba e zucchero.
Qui vi proponiam la ricetta di Martino da Como:
Cosce di rana, petrosillo battuto, aglio, sucho di pomaranci, flor de farina sale e pepe. Frigile ne la padella con olio et ponivi sopra bone spetie, petrosillo e sucho de pomaranci.
Passare le cosce di rana in sale, pepe e farina. Farle friggere assieme a uno spicchio d’aglio finchè sono dorate. Vanno servite con prezzemolo tritato e limone.
Dolceriso di Ludovico
Durante il soggiorno alla corte di Ludovico il Moro, Leonardo avrà sicuramente assaggiato il dolce speciale che la moglie Beatrice d’Este ha fatto inventare nella primavera del 1491 per il marito ed i suoi ospiti che trascorrevano lì “tutto il die et persino a mezza nocte passata in zoghi e feste”. Il dolce ha come ingrediente principale il riso, la cui coltivazione si stava diffondendo in zona proprio in quel periodo, che viene fatto cuocere in un latte vanigliato e poi versato su una base di pasta frolla, poi cotta in forno.
Il Panettone
Tutti gli italiani a Natale mangiano almeno una fetta di panettone, e molti di essi si saranno chiesti da cosa e quando è nato…
Sull’origine del panettone esistono molte leggende, ma la tradizione vuole che questo dolce natalizio sia stato inventato proprio alla corte di Ludovico il Moro. Nel lontano Natale del 1795 il cuoco incaricato dello sfarzoso e abbondante banchetto di Natale bruciò nel forno il dolce che doveva servire in tavola. Corse in suo aiuto il giovane garzone Toni, che creò al momento un altro dolce con gli avanzi trovati in cucina. «Con quanto è rimasto in dispensa – un po’ di farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta – ho cucinato questo dolce. Se non avete altro, potete portarlo in tavola.» La reazione degli ospiti fu positiva e il creatore lo battezzò proprio ‘Pan de Toni’ ovvero Panettone.
Il Panettone è un dolce rinascimentale che entrò a far parte della tradizione natalizia degli Sforza: nella notte di Natale, infatti, dopo che il pater familia aveva compiuto il rito del ciocco e condiviso un calice di vino per ricordare l’Ultima Cena, si divideva tra gli ospiti un pane fatto unicamente di grano (tipologia di cereale molto costosa per il tempo) che con il tempo si trasformò nel panettone odierno.
Perciò possiamo dedurre che Leonardo Da Vinci, avendo trascorso molti anni della sua vita alla corte di Ludovico il Moro, abbia assaggiato il panettone.
Classi quarta A, turistico